“Siediti lungo la riva del fiume e aspetta: prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico.”
Proverbio
Il proverbio, nella sua interpretazione più comune, è un invito alla pazienza: lasciar scorrere il tempo e attendere che la vita stessa porti giustizia. L’immagine del “sedersi lungo la riva del fiume” suggerisce un’osservazione distaccata del corso degli eventi, lasciando che il “nemico” – chi ci ha ferito – affronti le conseguenze delle proprie azioni.
È una visione che enfatizza la pazienza e la fiducia nell’inevitabile ordine naturale degli eventi. Tuttavia, questa interpretazione non sempre trova riscontro nella realtà dei fatti (o quasi mai). Può certamente accadere che senza alcun intervento da parte nostra, qualcuno che ci ha fatto o ci fa del male in un modo o in un altro esca dalla nostra vita, ma in genere le situazioni reali tendono ad essere molto più complesse e spiacevoli di come idealmente suggerisce il celebre detto.
Siamo poi così sicuri che sedersi sulla riva del fiume significhi in effetti non fare nulla? Cosa rappresenta il fiume, e chi o cos’è il nemico? Una diversa chiave di lettura simbolica potrebbe aprire nuovi significati.
Immaginiamo che il fiume rappresenti la mente. I pensieri scorrono incessantemente come l’acqua, senza sosta. Sedersi lungo la riva diventa allora la metafora di uno stato di meditazione profonda, dove non ci identifichiamo con i nostri pensieri, ma li osserviamo da una posizione di distacco. Non cerchiamo di fermarli, né di cambiarli: li lasciamo scorrere, proprio come le acque del fiume.
Questa interpretazione si allinea a una tradizione di pensiero orientale in cui il fiume è spesso visto come simbolo del flusso mentale o della vita stessa. La metafora del fiume trova eco in vari testi taoisti e buddhisti, dove l’acqua rappresenta l’impermanenza dei pensieri e delle emozioni.
In questa prospettiva, il proverbio potrebbe essere letto non solo come un invito a osservare il nemico esterno, ma anche come un invito a riconoscere che i veri nemici spesso risiedono nella nostra mente, sotto forma di pensieri ed emozioni che creiamo e nutriamo.
Nell’ambito della meditazione, il distacco – da non confondere con l’indifferenza – diventa fondamentale. Grazie ad esso il “nemico”, o per meglio dire il concetto di nemico, può quindi essere visto come una costruzione mentale: una paura, un giudizio o una convinzione negativa che, una volta riconosciuta come tale, perde il suo potere, come un cadavere privo di vita trasportato dalla corrente.
Questa lettura è solo una libera interpretazione che non ha fondamenti testuali orali o scritti. Tuttavia, è una chiave di lettura che gira bene nella serratura simbolica di questo misterioso detto. Ma come sosteneva William James: «La verità è ciò che funziona».


Note:
Il detto è spesso attribuito alla saggezza orientale, ma non ha origini confermate nella cultura cinese. Alcune fonti suggeriscono che questa attribuzione possa derivare da un’errata interpretazione o di una successiva rielaborazione di un detto di Confucio: “子在川上曰:逝者如斯夫,不舍昼夜” (pinyin: “Zǐ zài chuān shàng yuē: shì zhě rú sī fū, bù shě zhòuyè”), che significa «Il Maestro, stando sul fiume, disse: “Così scorrono le cose, senza fermarsi giorno e notte”».