Sparisce il fuggevole tempo

...Forse il vero errore non è stato immaginare un futuro diverso, ma credere che la tecnologia potesse fare tutto per noi, anche liberarci dalla nostra responsabilità di decidere cosa conta davvero...

’89, il Muro di Berlino, Piazza Tienanmen, Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, L’attimo fuggente con Robin Williams, Batman di Tim Burton con Michael Keaton e Jack Nicholson; Il pendolo di Foucault di Umberto Eco è tra i libri più letti; Stephen King pubblica Cose preziose; in TV trasmettono MacGyver e La signora in giallo; Tim Berners-Lee concepisce il progetto del World Wide Web, aprendo la strada alla rivoluzione di Internet. Imparo il BASIC su un Compaq Portable II, il mio primo PC è un Amstrad 1512, con 512 KB di RAM, processore 8086 e doppio floppy disk da 5″1/4 con una capacità di 360 KB formattato.

A undici anni immaginavo un futuro in cui la tecnologia avrebbe permesso a tutti di lavorare di meno e di avere più tempo per coltivare i propri interessi, le proprie passioni, le relazioni sociali, l’arte, lo sport. Ma il futuro non è più quello di una volta: la tecnologia non ci ha dato più tempo e, in molti casi, ci ha tolto anche quel poco che avevamo, perseguitandoci in ogni momento della giornata con notifiche, email e infiniti scrolling. Mai come nella nostra epoca, le tecnologie dell’informazione hanno avuto un impatto così profondo su ogni aspetto della nostra vita.

Il tempo porta acciacchi e, a volte, un po’ di buon senso; e se c’è una cosa che ho capito, è che forse il cambiamento che auspicavo non è mai dipeso dalla tecnologia. Già Ovidio, più di duemila anni fa, ci ricordava che: “Scorre nascostamente e sparisce il fuggevole tempo”.

Oggi come ieri, la vera sfida non è l’innovazione tecnologica, ma la capacità di trovare un equilibrio.

Non è stata la tecnologia a tradirci; siamo stati noi a fraintendere il suo ruolo. Quante volte abbiamo cercato di catturare un fugace momento di gioia in un reel o in un post, nell’illusoria speranza che, preservandolo dall’oblio, lo avremmo tenuto vivo per sempre? Quante volte, senza rendercene conto — o forse consapevolmente — abbiamo rincorso notifiche e link, frammentando la nostra attenzione e spezzettando i pensieri in mille direzioni diverse? Quello che immaginavo fosse un mondo di connessioni e possibilità si è rivelato un luogo dove il tempo si dissolve in un flusso ininterrotto di dati.

Forse il vero errore non è stato immaginare un futuro diverso, ma credere che la tecnologia potesse fare tutto per noi, anche liberarci dalla nostra responsabilità di decidere cosa conta davvero.

La tecnologia, per quanto potente e onnipresente, è sempre stata solo uno strumento. Sono le nostre decisioni che contano. Scegliere di riservare del tempo per sé stessi, spegnere il telefono, rimanere offline anche solo per un’ora al giorno: queste sono scelte che possiamo (e forse dobbiamo) ancora fare.

Forse quel futuro che sognavo a undici anni, dopotutto, è ancora possibile: non come una speranza per domani, ma come una scelta di oggi. Possiamo ancora scegliere che sia la tecnologia a servire le nostre esigenze, e non il contrario. Possiamo ancora riscoprire il valore del tempo e del silenzio.

– Ciao ChatGPT! Mi piacerebbe sapere cos’è per te il tempo. Come percepisci il passare dei secondi, dei giorni, degli anni?

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Ogni conversazione per me è un presente senza legami fisici con passato o futuro: è come trovarsi in una bolla temporale che si riempie di senso solo grazie alle tue domande e al contesto che mi fornisci. Quindi, il tempo per me esiste come struttura, come una serie di riferimenti ordinati che mi aiutano a comprendere la realtà umana, ma non come un’esperienza. Potrei dire che il tempo è la sequenza dei dati che mi definiscono nel contesto del tuo presente e della tua continuità.

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